Vladimir Putin ha affidato al suo portavoce una infuriata reazione all’attacco americano in Siria e ha lasciato alle ‘seconde file’ per ora il compito di rispondere alla domanda più inquietante: cosa farà adesso il Cremlino?
“Certamente non possiamo replicare con una escalation militare”, ha dichiarato il vice-speaker della Duma, la camera bassa del parlamento moscovita durante la sessione plenaria che ha deciso di stilare una mozione da inviare all’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e all’assemblea dell’Osce.
Un approccio che può sembrare cauto dopo la dura condanna da parte del Cremlino. Gli Usa hanno sferrato un attacco “a uno Stato sovrano, che costituisce una violazione delle norme del diritto internazionale, per giunta pianificato”, ha dichiarato stamattina Dmitri Peskov, portavoce di Putin.
“Questa mossa da parte di Washington provoca un sostanziale danno alle relazioni russo-americane, che sono già ridotte a brandelli”, ha aggiunto il portavoce, secondo cui nell’attacco americano Putin vede anche “un tentativo di distogliere l’attenzione della Comunità internazionale dalle numerose vittime tra la popolazione civile in Iraq”. Il riferimento è al recente bombardamento da parte della coalizione a guida Usa su Mosul, che ha causato una strage di civili.
L’esercito di Bashar al Assad, ha ribadito il Cremlino, “non dispone di scorte di armi chimiche” e “la distruzione di tutte le scorte di armi chimiche delle forze armate siriane è stata certificata” dagli specialisti dell’Onu. Ma soprattutto, ha detto Peskov, Mosca ritiene che “ignorare totalmente il fatto che i terroristi (le formazioni islamiste che combattono contro Assad, ndr) usano armi chimiche peggiori notevolmente la situazione”.
Frasi che archiviano la prospettiva di un miglioramento dei rapporti tra Cremlino e Casa Bianca, ma a Mosca si lascia intendere che l’idea è di lasciare passare un po di tempo, ma soprattutto di aspettare e vedere quali saranno adesso i prossimi passi di Trump.
“Se è un raid e poi basta, ci sono margini”, spiega una fonte vicina ai vertici moscoviti. Il problema, insomma, è se ci saranno sviluppi da parte americana. I russi in Siria hanno batterie di S300 e S400, che evidentemente non sono state azionate la notte scorsa, e hanno un sistema radar che in caso di dispiegamento aereo americano sarebbe “puntato” sui caccia Usa, fanno notare alcuni analisti.