Roma PD Morassut rischia di vincere su Giachetti alle primarie

La candidatura di Roberto Morassut per la corsa al Campidoglio ha tutte le sembianze di un piano anti-Renzi, orchestrato dai due fratelli-coltelli storici del  Pci-Pds-Ds, e poi del Pd D’Alema e Veltroni, con la regia occulta di Goffredo Bettini, l’uomo che ha fatto e disfatto tutti i sindaci di sinistra nella Capitale.

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Massimo D’Alema e Walter Veltroni potrebbero seriamente, attraverso la candidatura alle Primarie per la corsa alla guida del Campidoglio di Roberto Morassut, prendersi la loro rivincita su Matteo Renzi, il loro rottamatore.

Piazzato a sorpresa e un po’ in sordina nella gara per la conquista di Palazzo Senatorio, Morassut, con la benedizione di Pier Luigi Bersani, è considerato il candidato ideale della sinistra interna al PD. Ma la cosa che fa storcere il naso ai Renziani è il legame profondo che unisce ancora Morassut a Veltroni, che piazzò Morassut nella sua giunta come assessore all’Urbanistica, durante la sua sindaca tura.

E fu sempre Veltroni che lo portò poi in parlamento assieme all’altro assessore chiave, preposto al Bilancio, Marco Causi.

Benedetta quindi in segreto da Veltroni, la candidatura di Morassut sarebbe stata caldeggiata da parte di D’Alema, dopo che il suo fedelissimo Massimo Bray, ex assessore alla Cultura del governo Letta, aveva rinunciato a correre contro il renziano Roberto Giachetti.

Se mossa concertata è stata, come lasciano arguire alcune fonti autorevoli, i due fratelli-coltelli non potevano studiarla meglio.

Per Giachetti sembrava fatta, e invece…

Il mondo renziano è stato preso alla sprovvista e un brivido lungo la schiena avrebbe percorso Giachetti, la cui candidatura fu decisa da Renzi dopo mesi di silenzio da parte degli oppositori sui candidati alle Primarie.

Il premier e segretario del Pd, tra l’altro, dovette sudare sette camicie per convincere l’ex Radicale, vice presidente della Camera a candidarsi.

Ma quel vuoto, soprattutto dopo lo scandalo di Mafia Capitale e la conclusione con le dimissioni della tormentata vicenda dell’ex sindaco Ignazio Marino, andava colmato.

Ormai sembrava fatta: Giachetti era l’unico attore in campo, tenuto conto delle divisioni e dei tentennamenti del centrodestra.

Ormai l’unico temibile avversario sembrava il Movimento 5 stelle. E invece una settimana fa arriva la doccia fredda di Morassut. Per Giachetti un fulmine a ciel sereno.

Narrano che l’ex assessore all’Urbanistica non avrebbe voluto candidarsi, ma che poi abbia dovuto cedere a un pressing insistente.

E confidenzialmente qualche parlamentare vicino a Giachetti abbia anche ventilato che : «Morassut rischia persino di vincere perché Giachetti non ha a Roma la forza di Giuseppe Sala a Milano e a Roma Renzi il Pd non lo controlla. Se poi si mettono in moto tutti i poteri forti vicini all’asse D’Alema-Veltroni, a cominciare dalla potente lobby dei costruttori, con in prima fila Caltagirone, qui rischia di finir male…».

E poi non dimentichiamo che a Roma c’è un certo Bettini, che vuole prendersi la rivincita contro gli anti-Marino; e rumor  sempre più insistenti parlano di un ritorno in campo di Bettini che vorrebbe prendersi la rivincita sulla defenestrazione di Marino, una sua “creatura” e da sempre legato, seppur con alti e bassi, a D’Alema.

Bettini è da sempre il vero ambasciatore della sinistra ex comunista ed ex Margherita presso i poteri forti della Capitale ed è un maestro nella sua capacità di muoversi nell’ombra.

Sul fronte di Walter Veltroni va invece ricordato che la candidatura di Morassut è avvenuta proprio nel momento in cui l’ex segretario e fondatore del Pd è di fatto ridisceso in campo, e tutte le volte per dare sberle a Renzi: «Renzi deve avere più cura della storia della sinistra» ha ribadito in una intervista al Corriere. E domenica 7 febbraio alla scuola di formazione dei giovani del Pd è tornato alla carica: «Il Partito della nazione è la negazione del Pd». Altro che ritiro in Africa.

Per giunta, Giachetti ora teme che anche una parte dei Giovani turchi, la corrente del presidente del Pd romano Matteo Orfini, ex dalemiano di ferro, senta il richiamo della foresta e obbedisca ai desiderata di Max votando Morassut.

Il vice presidente della Camera, dal canto suo, può contare sull’impegno dei Radicali, di renziani a Roma influenti come il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, sul sostegno del ministri dei Beni culturali Dario Franceschini leader dell’area dem, e naturalmente del suo mentore Francesco Rutelli, di cui in Campidoglio fu capo di gabinetto.

Basterà per far fronte alla corazzata, seppur non più potente come un tempo, dei due fratelli-coltelli della sinistra ex comunista e poi del Pd?

Il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, uno che ha passato la vita a fare slalom in quel triangolo di potere che a Roma era D’Alema-Veltroni-Bettini, preso alla sprovvista, in privato avrebbe già confidato ai fedelissimi la sua linea: metà voti a Giachetti e metà a Morassut.

E se invece la triade avesse fatto il suo tempo e alla fine la maggioranza dirà: basta, il triangolo no?

Di certo tutte le strade degli oppositori di Renzi portano a Roma.

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