Il Papa in Kenya con umiltà, coraggio e sicurezza. «Il nome di Dio non giustifichi mai la violenza» il suo messaggio. «Il nostro Dio è Dio della pace, il suo santo nome non deve mai essere usato per giustificare l’odio e la violenza».
Nonostante i timori e i rischi per la sicurezza, in Africa prosegue il viaggio del Papa, al secondo giorno in Kenya. E ancora una volta il suo messaggio è chiaro e la sua voce tuona contro l’uso della fede per portare discordia e morte. Davanti ai leader interreligiosi radunati nella nunziatura di Nairobi ha ricordato «i barbari attacchi al Westgate Mall, al Garissa University College e a Mandera», perpetrati da Al Shabaab il gruppo terroristico che uccise circa 148 persone solo nel campus. «Troppo spesso dei giovani vengono resi estremisti in nome della religione per seminare discordia e paura e lacerare il tessuto stesso delle nostre società; quanto è importante che siamo riconosciuti come profeti di pace, operatori di pace, che invitano gli altri a vivere in pace, armonia, e rispetto reciproco».
Non ha paura di parlare Papa Francesco, così come non ha paura di radunare migliaia di persone anche in giorni delicati come questi. Per lui niente auto blindate o di lusso, niente giubbotti antiproiettile. Francesco prosegue il suo viaggio più difficile e più pericoloso. La macchina organizzativa per la sicurezza nei tre Paesi ha messo a disposizione 25.000 agenti di polizia, la maggior parte di loro appartenenti a unità paramilitari, e 3.000 caschi blu. A Nairobi il governo ha dispiegato 10 mila poliziottisupportati da altri 10 mila volontari del Servizio nazionale della Gioventù e sono state aggiunte anche le guardie carcerarie
In mattina il Papa si è poi spostato all’Università della capitale e ha tenuto messa in un campus di fronte a un milione di fedeli. Nonostante la pioggia alcuni sono arrivati alle quattro di questa mattina per poter partecipare all’evento. Nell’omelia il Pontefice ha invitato a opporre la propria «resistenza alle pratiche che favoriscono l’arroganza negli uomini, feriscono o disprezzano le donne e minacciano la vita degli innocenti non ancora nati. Siamo chiamati a rispettarci e incoraggiarci a vicenda e a raggiungere tutti coloro che si trovano nel bisogno». Spiegando poi che «le famiglie cristiane hanno questa missione speciale: irradiare l’amore di Dio e riversare l’acqua vivificante del suo Spirito. Questo è particolarmente importante oggi, perché assistiamo all’ avanzata di nuovi deserti, creati da una cultura del materialismo e dell’indifferenza verso gli altri».