Lo scorso 29 ottobre (elezioni regionali) Crocetta ha vinto senza avere la maggioranza per governare. Il centrodestra ha perso due volte, ma non è l’unico sconfitto. Il movimento 5 stelle è il primo partito in Sicilia. E forse anche in Italia dove il voto di opinione è molto più forte che in Sicilia.
I risultati delle elezioni regionali del 2011 hanno dato un profilo ancora una volta pirandelliano determinato da una legge inadeguata a garantire la governabilità della Regione. Crocetta non era autosufficiente e doveva andare alla ricerca di una maggioranza nuova o trovarla sui singoli provvedimenti. Insomma si profilava un Governo più caotico del precedente con un Parlamento di tipo “bulgaro”.
Le elezioni siciliane sono state inoltre sintomatiche del deteriorato rapporto tra lo Stato ed il cittadino, come mediato dall’attuale sistema politico. Sono state una sintesi di quanto accaduto in Italia negli ultimi anni e la premessa di ciò che poi è accaduto in questo anno in Italia.
La maggioranza dei siciliani ha dimostrato di non avere più alcuna fiducia nella classe politica che ha fin qui governato il Paese e di non credere possibile una sia pur tardiva redenzione.
Infatti il dato più importante di quelle elezioni è stato quel 52,6% di astensioni, ovvero la maggioranza assoluta. La sconfitta “istituzionale” di questa classe e di questo sistema politico è stata netta e totale: il primo partito è risultato quello dell’astensionismo, ovvero quello della sfiducia illimitata, della condanna senza appello.
Un astensionismo di questa portata ha compromesso il rapporto tra cittadino e Stato, delegittimando gravemente l’effettività della rappresentatività.
Si è detto sempre che delle astensioni si parla per un giorno e basta e che il giorno dopo non contano più niente. Ed è stato così anche questa volta, ma in quella occasione i numeri sono stati veramente drammatici per la Democrazia. E lo saranno ancor di più se questo dato viene letto insieme all’affermazione della lista del Movimento 5 stelle: sommando il voto di protesta all’astensione di protesta ed alle schede bianche e nulle, si ottiene che sette siciliani su dieci non volevano più saperne dell’attuale sistema politico che ne è uscito dunque sostanzialmente delegittimato.
La sconfitta più clamorosa è stata quella del sistema nel suo complesso, della politica meschina nel suo insieme, degli uomini inadeguati e delle idee ovvero della mancanza di esse.
Non è servito a nulla esorcizzare puerilmente l’accaduto come ha fatto Bersani con la semplicistica “disaffezione al voto”. La disaffezione è stata verso l’uso distorto e personale della politica e della cosa pubblica, l’egoismo e l’incapacità di governare i processi dimostrata da generazioni di politici e aggravata dalla crisi economica e finanziaria in atto.
Il centro destra diviso ha perso due volte con Micciché e Musumeci ed oltre la recita del mea culpa, si è reso conto che a nulla sono servite le inesauribili astuzie messe in campo da una politica litigiosa, fine a se stessa, che ha sacrificato la vittoria sull’altare di ambizioni personali di chi ha voluto giocare la solita vecchia partita a scacchi della politica autoreferenziale. I numeri hanno detto che la spaccatura del centrodestra è stata esiziale ed il ruolo dell’UDC abbastanza importante.
Alla fine della via crucis del Governo Lombardo, si è scoperto che abbiamo perso tempo, che non sono servite a nulla le stravaganti e a tratti incomprensibili scissioni e alleanze della destra, le scomposizioni finte o vere per moltiplicare il nulla, i ribaltoni continui, i personalismi bizantini, i vacui apparentamenti di comodo, i matrimoni di una notte che sono serviti solo a tirare avanti senza affrontare i veri problemi dell’Isola ora consegnati a Crocetta, senza che Questi abbia avuto una maggioranza per governare.