Covid-19, una terapia ponte in attesa del vaccino, utilizzando gli anticorpi del plasma dei guariti.
CONTRO l’infezione Covid-19 ancora non abbiamo terapie e non c’è un vaccino.
Per questo, gli scienziati di tutto il mondo sono alla ricerca di un trattamento efficace.
Fra i percorsi individuati, una strada importante potrebbe essere rappresentata dall’uso, nei malati, del plasma, la parte liquida del sangue, di persone che hanno avuto Covid-19 e sono completamente guarite.
Queste persone, infatti, hanno sviluppato anticorpi contro il nuovo coronavirus che possono servire a chi è malato per combattere l’infezione.
Covid-19, una terapia ponte in attesa del vaccino. utilizzando gli anticorpi del plasma dei guariti.
Attualmente in alcune città del nord Italia, come Mantova, sono partite delle sperimentazioni, che mostrano primi risultati di successo in pazienti gravi.
L’efficacia di questa opzione, già impiegata in passato nella Sars e nella Mers, è stata provata anche da uno studio in Cina, per ora su 10 pazienti, pubblicato sulla prestigiosa rivista Pnas.
Insomma, se ulteriori dati confermeranno la sua validità, il plasma da guariti potrebbe essere in futuro essere applicato su scala più ampia.
Quando il paziente non ha più sintomi e ha due tamponi (consecutivi e a distanza di 24 ore) negativi al virus, si definisce guariti.
Dopo la guarigione, di solito sviluppa l’immunità al patogeno – ora in corso di studio da parte dei ricercatori attraverso test sierologici.
Questa immunità, infatti, si “vede” nel sangue dalla presenza di anticorpi specifici, le immunoglobuline IgG, per il Sars-CoV-2.
La loro presenza, più o meno abbondante, conferma la presenza di una sorta di protezione contro nuove infezioni da Sars-CoV-2.
Questa immunità potrebbe essere uno strumento utile non solo per chi la ha già – i guariti – ma anche per i malati, per aiutarli a combattere l’infezione.
La terapia, peraltro, è già stato utilizzata con successo in altre malattie, fra cui la Sars e la Mers.
Ma come funziona?
“Persone guarite donano il sangue, e da questo si separa il plasma, che è la sua componente liquida”, ha spiegato Alessandro Gringeri, ematologo e responsabile del settore Ricerca e Sviluppo della Kedrion Biopharma, che ha messo a punto strumentazione e kit per ottenere la terapia finale.
“Il plasma, infatti, viene trattato e ‘inattivato’ a livello virale, ovvero viene purificato eliminando eventuali patogeni, incluse eventuali tracce rimanenti del coronavirus, in modo da poter svolgere infusioni in completa sicurezza”.
Lo studio
I ricercatori cinesi, fra cui medici del First People’s Hospital del Distretto di Jiangxia a Wuhan, la città più colpita in Cina, hanno infuso 200 ml di plasma in 10 pazienti ricoverati con sintomi importanti.
Il plasma derivava da sangue di persone guarite e convalescenti, a loro volta ricoverate per una grave infezione Covid-19.
I risultati hanno confermato sicurezza ed efficacia di questo trattamento.
Infatti, non ci sono state reazioni avverse gravi e i primi risultati favorevoli si sono manifestati dopo 3 giorni dalla trasfusione con una riduzione dei sintomi.
Mentre dopo una settimana, il virus non era più rilevabile nel sangue e le lesioni polmonari mostravano vari livelli di assorbimento.
In Italia, come in altri paesi del mondo, sono iniziate sperimentazioni nei pazienti più gravi con il plasma da guariti.
“Gli ospedali hanno dato il via a questa sperimentazione su indicazione del Centro Nazionale Sangue, organismo dell’Istituto Superiore di Sanità”, sottolinea l’ematologo Gringeri.
“Il protocollo clinico-sperimentale è stato sviluppato dalla Fondazione Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, in collaborazione con altre strutture come quelle di Mantova e Lodi, e dall’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova”.
Il trattamento è già stato applicato con risultati molto positivi in un gruppo ristretto di pazienti (circa una ventina) a Mantova.
“A fronte di questo primo successo, che ovviamente dovrà essere confermato”, spiega Gringeri, “questa terapia potrebbe rappresentare un’opzione efficace in aggiunta o in sostituzione di nuove terapie che devono ancora essere messe a punto”.
Gli esperti si stanno muovendo anche per rendere questa pratica più diffusa in un numero maggiore di ospedali e città italiane.
Un’altra opzione
Inoltre, gli esperti stanno lavorando a un’altra soluzione, sempre basata sul plasma dei guariti.
“Partendo dal plasma possiamo andare a prelevare soltanto le immunoglobuline, gli anticorpi specifici contro il virus, e ottenere un concentrato purificato di queste immunoglobuline iperimmuni”, aggiunge Gringeri.
“Così, invece che infondere tutto il plasma, potremmo somministrare, tramite endovena o eventualmente intramuscolo, soltanto gli anticorpi che servono a contrastare la malattia.
Soprattutto in mancanza di un vaccino, questa ipotesi potrebbe rappresentare un’opzione ‘ponte’ per chi è già infetto e per le categorie ad alto rischio, come gli operatori sanitari”.
Un altro vantaggio è rappresentato dal fatto che in questo caso non è necessario che il plasma del donatore sia compatibile con quello del ricevente (in base al gruppo sanguigno), una combinazione che non sempre è semplice da avere, come sottolinea Gringeri.
Ma questa soluzione non è ancora disponibile. “Contiamo però – conclude l’esperto – di far partire un primo studio clinico entro sei mesi”.