Berlusconi si dimetta spontaneamente se vuole salvare se stesso e le istituzioni.

silvi berlusconi foto facebook

Un gesto di responsabilità per salvare se stesso e le istituzioni. È questa la strada che dovrebbe intraprendere Berlusconi dopo la sentenza della Cassazione, che lo ha condannato a quattro anni di cui tre coperti dall’indulto. Altrimenti c’è il rischio di un logoramento tanto rapido delle istituzioni da sfiorare l’avventurismo.

La riforma della giustizia auspicata da Napolitano non si può fare con Berlusconi. Casomai con una leadership pidiellina moderata e diversa dall’attuale. D’altro canto, tale stagione, con la sentenza della Cassazione, si è conclusa. Uscire di scena favorendo il rinnovamento è quindi l’unica modo per evitare che, entro un paio di mesi, la coalizione si disgreghi.

Il passo indietro deve essere vero. Fintanto che continua a incombere sul Pdl, non si avvierà alcun processo di pacificazione e rinnovamento.

I falchi del PDL esistono solo perché Berlusconi li fa esistere. Ogni volta che li ha zittiti, hanno dimostrato di non aver forza propria. Sono sempre stati strumentali a dei suoi progetti.

Francamente, nonostante la tentazione, non crediamo che imboccherà la strada dell’eversione. In ogni caso, speriamo che faccia scelte opportune, tenendo in considerazione quel 30% di italiani che lo ha votato.

Quel che è certo è che non ha alcuna intenzione di essere trascinato in avventure sconsiderate. Questa grande fetta di elettorato chiede di essere rappresento con serietà. E che, di conseguenza, si formi un gruppo dirigente in grado di continuare a dare un contributo al governo del Paese. Tenuto conto del fatto che, attualmente, non esiste maggioranza alternativa a quella composta da Pd e Pdl. Tale maggioranza, ovviamente, non può sopravvivere se diventa il terreno di scontro ove un Berlusconi furioso decida di vendicarsi della malasorte.

Se il  PDL tatticamente la tirassse per le lunghe, dilazionando la Decadenza dal Senato di Berlusconi, visto che la legge anticorruzione prevede un voto della Camera di appartenenza, commetterebbe il classico errore da non fare: darebbe luogo ad una sorta di guerriglia permanente. E, da parte di Berlusconi, rifletterebbe la volontà di restare attaccato all’illusione di poter contare ancora e di non voler accettare il responso della magistratura.

La cosa migliore per Berlusconi rimane quella di dimettersi spontaneamente, per impedire che il conflitto sulla sua sorte parlamentare conduca alla lacerazione del rapporto tra Pd e del Pdl. Dovrebbe, contestualmente, consentire l’insediamento di un nuovo gruppo dirigente che sul piano politico rafforzi la grande coalizione, specialmente sul terreno delle riforme.

Anche il  PD ha le sue difficoltà: non vorrebbe governare con un pregiudicato, ma nemmeno prendersi la responsabilità di staccare la spina all’esecutivo. Ma ci sono momenti, in politica, in cui gli avvenimenti accadano a prescindere dalla volontà delle persone. Come in guerra. Si inizia con una scaramuccia, un colpo di fucile partito per sbaglio. Poi non si controlla più la situazione. In questo momento il Pd non vuole alzare i toni, ma è in evidente difficoltà, schiacciato da Vendola e da Grillo. In uno scenario simile, ci vuol niente a dar fuoco alle polveri. Tanto più che il Pd è in uno stato di nevrosi.

La richiesta di grazia avanzata dai capigruppo Brunetta e Schifani è una trovata mediatica e anche vagamente ricattatoria. Lo stesso vale l’annuncio delle dimissioni di massa dei parlamentari e dei ministri: sono più che altro gesti dimostrativi. Niente di definitivo. Così come Berlusconi non ha ritirato la fiducia al governo. Tutte queste mosse a effetto servono a coprire la realtà: e cioè che il partito di Berlusconi, pur colpito e accecato dall’ira, non intende venir meno al patto governativo.  Il vecchio leader si muove come al solito su due piani: da un lato eccita la risposta emotiva, dall’altro tiene fermi i ministri al loro posto. E’ facile capire il perché: far parte della maggioranza rappresenta ancora una straordinaria carta da giocare all’occorrenza. L’ultima, forse, di cui ancora Berlusconi dispone.

La manifestazione di ieri a Roma era meglio che non si facesse, e ancor peggio la stampa che ancora lo insegue, dando spazio alla faziosità  del sistema, un Berlusconi doble face al solito, non ci hanno fatto una bella figura: uscire dalla fiction e immergersi nella realtà sarebbe il giusto segno per una Italia, che ricerca la normalità, continuare a fingere e nascondere la verità non serve a nessuno.

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