Dopo la strage in Tunisia, è il giorno del bilancio: 23 morti, 18 sarebbero turisti stranieri, 3 tunisini e 2 terroristi
«Tre complici» dei terroristi autori dell’attacco al museo del Bardo di Tunisi sono stati arrestati. A renderlo noto il ministro degli Esteri tunisino, Taieb Baccouche, all’emittente francese BFMTV. Fornendo un bilancio sui componenti del commando, il ministro ha confermato che «ci sono stati due morti» tra gli assalitori e ha aggiunto che «tre dei loro complici sono stati arrestati». «Un quarto complice – ha aggiunto – è ancora ricercato».
E una prima rivendicazione dell’attentato che ha fatto almeno 23 morti sarebbe arrivata oggi, secondo quanto scrive su Twitter Rita Katz, direttrice del Site, che monitora i siti jhiadist. Nella rivendicazione, di cui non è stato ancora possibile accertarne la veridicità, l‘Isis nomina due attentatori, Abu Zakarya al-Tunisi e Abu Anas al-Tunisi.
Due italiani morti e due dispersi
Mercoledì 18 marzo all’ora di pranzo cinque uomini armati hanno assaltato il museo del Bardo a Tunisi . I terroristi erano «muniti di cinture esplosive» e di armi «molto avanzate», secondo quanto ha riferito il ministero degli Interni tunisino Najem Gharsalli. Dopo una sparatoria e la cattura di decine di turisti in ostaggio, la strage: 23 i morti, tra cui due terroristi, e almeno una cinquantina di feriti. Due le vittime italiane accertate: Francesco Caldara, un pensionato di Novara, e un torinese, Orazio Conte. Due connazionali sono ancora dispersi e su di loro, fa sapere il ministro degli Esteri Gentiloni «purtroppo si nutrono timori seri», anche se «non diamo comunicazioni ufficiali finché non li ritroviamo fisicamente». Molti degli italiani coinvolti, tra i quali un gruppo di dipendenti del Comune di Torino, erano appena sbarcati da una nave della Costa crociere: 13 i feriti tra cui uno grave.
La strage a Tunisi potrebbe dar ragione a quanti in questi mesi hanno sottolineato il pericolo di un contagio della vicina crisi libica: con un confine di 500 km di deserto impossibile da blindare, gli estremisti legati allo Stato Islamico non avrebbero grandi problemi a portare la jihad in Tunisia. E la Tunisia, nonostante le piccole dimensioni, è uno dei maggiori ‘fornitori’ di combattenti stranieri dell’Isis sul fronte siriano ed iracheno, 3.000 secondo alcune indagini. Uno degli attentatori, scomparso tre mesi fa, aveva chiamato i genitori proprio con una sim irachena, mentre l’altro era stato già identificato dai servizi.
«A seguito dell’aggravarsi della minaccia terroristica, resa di drammatica evidenza anche dagli eventi di ieri in Tunisia, si è reso necessario un potenziamento del dispositivo aeronavale dispiegato nel Mediterraneo centrale, ha detto parlando alla Camera il ministro Pinotti. Il ministro della Difesa ha anche reso nota la decisione di «terminare l’impiego dei Nuclei militari di protezione imbarcati sulle navi mercantili italiane» e di porre fine alla «partecipazione alla operazione antipirateria Nato».
E ieri sera avenue Bourghiba, il luogo simbolo delle manifestazioni della rivoluzione dei Gelsomini, si è riempita di tunisini con bandiere al vento scesi in strada contro il terrore: «La Tunisia è libera, fuori il terrorismo», scandiva la gente. Mentre il video dei deputati blindati nel Parlamento durante l’attacco che cantavano a squarciagola l’inno nazionale faceva già il giro del web. Sono le immagini di un Paese che non si vuole arrendere.