Sarebbero coinvolti in un commercio nero di carburante destinato a una nave fantasma affondata anni fa. Un giro d’affari di oltre 7 milioni
Altri sei arresti nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale. Si tratta di tre ufficiali della Marina Militare e tre rappresentanti legali di società. La tranche dell’indagine che ha scosso l’amministrazione capitolina, provocando un terremoto politico e giudiziario, riguarda in questo caso un presunto commercio nero di carburante che avrebbe rifornito le pompe di benzina legate al clan. Al centro degli accertamenti ci sarebbe una frode all’erario di oltre 7 milioni di euro per 11 milioni di litri di gasolio destinati alla Marina e trasportati da una nave ‘fantasma’, la Victory I che è in realtà affondata un anno fa.
Gli arrestati sono Mario Leto (capitano di Corvetta della Marina Militare), Sebastiano Di Stefano (primo maresciallo Marina Militare) e Salvatore Mazzone (maresciallo Marina Militare). In manette anche Lars P. Bohn, Massimo Perazza e Andrea D’Aloja, titolari di società conniventi per ottenere il carburante. Dieci in tutto gli indagati.
Al centro degli accertamenti, l’esistenza di un’associazione specializzata nelle frodi nelle pubbliche forniture, che avrebbe organizzato, solo cartolarmente però, la consegna di milioni di litri di prodotto petrolifero presso il deposito della Marina Militare di Augusta in Sicilia. La Finanza ha scoperto che lo stratagemma utilizzato consisteva nell’attestare falsamente il rifornimento dei depositi siciliani per mezzo della nave cisterna che in realtà era naufragata nel settembre 2013 nell’Oceano Atlantico, tanto che alcuni componenti dell’equipaggio risultano ancora oggi formalmente dispersi.
Dal canto suo la Marina sottolinea che «la trasparenza amministrativa e l’integerrimo comportamento del proprio personale rimangono punti fermi nell’ambito del quale gli organi tecnici e di sorveglianza della Forza Armata continuano ad esercitare la massima attenzione in collaborazione con le forze dell’ordine e l’Autorità Giudiziaria, sia Ordinaria che Militare».
Nelle stesse ore arrivano le parole del presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, secondo cui «vicende come quella di Roma sono la prova di un tumore per il quale i vaccini sono ben poca cosa, bisogna intervenire con meccanismi chemioterapici, c’è poco da vaccinare». «Il dato certo è che il sistema della repressione non ha funzionato» – spiega ancora Cantone. Poi, intervenendo alla tavola rotonda organizzata dall’Agenzia delle Entrate sul tema aggiunge: Per prevenire la corruzione bisogna attuare le norme per il wistleblower previsto dal testo unico dei dipendenti pubblici per consentire a chi vuole denunciare illeciti di farlo in modo tutelato. Non è delazione ma assunzione di responsabilità.