In casa cinque stelle tanto tuonò che piovve. Non è passata nemmeno una settimana dalla débâcle elettorale di domenica 23 novembre in Emilia Romagna e Calabria che già si avvertono i primi, pesanti scricchiolii nel Movimento.
La polemica la innesca un post pubblicato sul blog di Beppe Grillo il 25 novembre. È un attacco duro a uno dei deputati più in vista (e critici) del gruppo, Walter Rizzetto, che in mattinata aveva preso parte alla trasmissione di La7 Omnibus.
«La partecipazione», si legge sul sito, «è stata a titolo del tutto personale, Rizzetto non rappresenta la posizione del M5s, né qualcuno gli ha dato questa responsabilità. Libero di dire la sua opinione e di partecipare ai talk, ma non a nome del M5s».
A rispondere a caldo non è stato però il cittadino-portavoce, bensì i lettori del blog. Una sorta di plebiscito a favore di Rizzetto, o per meglio dire a favore della partecipazione degli eletti alle trasmissioni televisive, anche se solo dopo un apposito sondaggio online, come vuole il regolamento interno dei cinque stelle.
Il deputato friulano dopo qualche ora, ha replicato togliendosi diversi sassolini dalle scarpe.
«Caro Beppe Grillo, vorrei capire innanzitutto chi scrive i post sul blog e come mai non si firma, quasi mai. Dai feedback ricevuti mi pare evidente che il problema ora sia più tuo che mio… Fare sana autocritica è sintomo di maturità, non solo politica e non sono l’unico a pensarlo. Se ritieni che ‘Rizzetto parla a nome suo e non rappresenta il Movimento’ è altrettanto evidente che io e te abbiamo un problema».
Da Pizzarotti a Barbanti, il mal di pancia grillino è contagioso
L’esponente pentastellato è comunque l’ultimo di una serie di scontenti che sta insistentemente rimproverando comportamenti sbagliati al megafono Grillo.
Già lunedì 24, a urne chiuse, il deputato calabrese Sebastiano Barbanti in un infuocato post sulla sua pagina Facebook aveva puntato il dito in direzione di Genova (e non solo): «Io credo nel M5s che chiede trasparenza e offre trasparenza, che i leader li fa eleggere dai cittadini e non li sceglie con un post, che mette al primo posto l’autorevolezza e non l’autorità, che promuove e rispetta il lavoro dei tanti attivisti, che è inclusivo e non discriminatorio. Questo i cittadini e i nostri elettori lo sanno benissimo e per questo ci hanno punito».
Qualcosa nella pancia dei grillini si muove, insomma. E non è un caso se stavolta nessuno ha provato a replicare al sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, il primo ad alzare la voce con Grillo e Casaleggio, ricevendo quasi una scomunica dal duo di testa.
Il primo cittadino emiliano ha smentito il comico genovese, dicendo apertamente che l’astensionismo aveva penalizzato anche loro.
Non prima di lanciare un monito molto duro per la cosmogonia grillina: «È il caso di interrogarsi in modo serio una volta per tutte. Dopo le Europee avevamo detto di fare autocritica, ma poi non è stato così. Ora serve un percorso condiviso».
I toni usati dai due parlamentari e dal sindaco di Parma assomigliano a un ultimatum: se Beppe li ascolta si può provare a ricostruire qualcosa assieme, ma se anche stavolta farà finta di nulla, per il Movimento sarà «l’inizio della fine», come preconizza una deputata fino a poche settimane fa riconosciuta e riconoscibile nella lista dei cosiddetti fedelissimi “talebani”.
È lei a confessare di non avere più grandi speranze per il futuro: «Beppe e Gianroberto hanno fatto e disfatto tutto da soli, mentre noi siamo stati quasi degli accessori. Ma se anche dopo questa batosta non cambierà nulla, credo che i colleghi dissidenti, quelli che prevedono la fine del M5s entro la primavera 2015, avranno avuto ragione».