No Triv: Renzi gioca sporco sulla data del Referendum anti-trivelle.

Niente accorpamento con amministrative. L’election day non ci sarà. Il Consiglio dei ministri ha infatti fissato la data per il referendum anti trivelle per il 17 aprile, dopo che a gennaio la Corte costituzionale ne aveva deciso l’ammissibilità.

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In parole povere Renzi non ha voluto accorpare il referendum con le amministrative, contrariamente a quanto avevano chiesto Regioni, ambientalisti e no Triv.

Gli italiani, quindi, saranno chiamati a votare circa la durata delle concessioni alle società petrolifere. Tecnicamente, si parla, dell’abrogazione della previsione che le attività di coltivazione di idrocarburi relative a provvedimenti concessori già rilasciati in zone di mare entro dodici miglia marine abbiano durata pari alla vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale.

Molti i dissensi sulla scelta della data e il mancato accorpamento con le amministrative. Tra questi:

Piero Lacorazza (Pd),  presidente del Consiglio regionale della Basilicata che spiega come “in questo modo, non solo si rifiuta l’accorpamento con le amministrative, che farebbe risparmiare 300 milioni di euro, ma si finisce per mortificare ogni possibilità di partecipazione consapevole dei cittadini alla consultazione referendaria, che per sua natura ha bisogno di un tempo utile per conoscere e valutare il quesito che viene posto agli italiani”.

Secondo Lacorazza due mesi “non bastano neanche per aprire la discussione. Spiace che il presidente del Consiglio non abbia voluto cogliere la vera sfida che il quesito referendario, così come per altri versi i conflitti di attribuzione sul piano delle aree e sulla durata delle concessioni, pongono a chi governa: la necessità di attivare un percorso democratico, di coinvolgere le istituzioni di prossimità e i territori nelle decisioni che li riguardano”. E accusa il governo di non avere “il coraggio di far scegliere agli italiani”. Il presidente del Consiglio regionale della Basilicata conclude osservando che “non resta che appellarsi nuovamente al presidente della Repubblica Sergio Mattarella” e precisa che “nei prossimi giorni valuteremo le scelte da adottare”.

Il Movimento 5 stelle è ancora più duro: “Il Governo Renzi vuole affossare il referendum. Il governo è rimasto sordo agli appelli di tutte le associazioni ambientaliste e ha tirato dritto per la sua strada. Si voterà il 17 aprile per il referendum su alcune trivellazioni offshore e non insieme alle amministrative, in un election day che avrebbe tra l’altro fatto risparmiare centinaia di milioni di euro ai cittadini”. Un referendum nato già azzoppato nei contenuti e che con questa decisione il governo vuole definitivamente affossare”. “ Il tentativo  del governo è quello di mettere i bastoni tra le ruote al referendum, anche se è un quesito limitante e che non risolverà la questione. Ma noi dobbiamo andare a votare ugualmente e votare sì”.

Greenpeace parla di: “Truffa ai danni degli italiani”
“Decisione antidemocratica e scellerata, una truffa pagata coi soldi degli italiani. Renzi sta giocando sporco, svilendo la democrazia a spese di tutti noi” ha detto Andrea Boraschi, responsabile della campagna Clima ed Energia di Greenpeace, secondo cui “è chiarissima la volontà del premier di scongiurare il quorum referendario, non importa se così si sprecano centinaia di milioni di soldi pubblici per privilegiare i petrolieri. L’allergia del premier alle prassi del buon governo, però, troverà questa volta risposte nuove, ovviamente democratiche e pacifiche”.

La speranza degli ambientalisti, ora, è che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, cui spetta l’atto ultimo di indizione del referendum, respinga la data proposta dal governo per consentire una votazione effettivamente democratica.

“Con un Election Day si sarebbero garantiti i tempi necessari per la campagna referendaria, per poter informare opportunamente i cittadini, e si sarebbe facilitato la partecipazione democratica, senza moltiplicare inutilmente gli appuntamenti degli italiani alle urne – ha fatto sapere Greenpeace – Inoltre si sarebbe risparmiato una cifra compresa tra i 350 e i 400 milioni di euro, il costo di una votazione disgiunta”.

Ancora una volta Renzi gioca sporco con i soldi degli italiani e mostra ancora di più di essere allergico al metodo democratico e partecipativo dei cittadini sulle decisioni che riguardano la vivibilità ambientale e mettono in discussione la visione lobbistica del suo governo.

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