Ma Napolitano non si era dimesso?

Napolitano, il lupo perde il pelo ma non il vizio.

napolitano giorgio

L’ex presidente della Repubblica ha voluto far sentire la propria voce per la seconda volta in meno di una settimana sull’elettività del Senato: il 6 agosto ammoniva i parlamentari che “non si può più tornare indietro”, ora ha scritto una lettera aperta per mettere in chiaro che la riforma dell’assemblea di palazzo Madama “non minaccia la democrazia”.

In pratica più il premier Renzi è in difficoltà, più il senatore a vita interviene nel dibattito. e sottolinea la necessità di portare a termine le modifiche costituzionali. Come faceva quando sedeva al Quirinale

Oggi al Quirinale siede Sergio Mattarella, il patto del Nazareno è naufragato (forse) a gennaio sull’elezione di quest’ultimo, ma i protagonisti della scena restano gli stessi.

Con la minoranza Pd che promette battaglia sul ddl Boschi in Senato dove i numeri dei dem sono ballerini, Renzi ha già incaricato i suoi di corteggiare Silvio Berlusconi affinché “torni a sedere al tavolo delle riforme”.

 

Viste le difficoltà della sua testa di legno Napolitano che fà?interviene da par suo sui giornali e lo fa con i toni di chi si sente ancora non solo il padrone di casa del Quirinale, ma anche segretario del PD e capo dell’esecutivo. “Come si può ritenere che la riforma in discussione segnerebbe la fine della democrazia parlamentare?”, si domanda retoricamente l’ex capo dello Stato in una lettera aperta e pubblicata in prima pagina dal quotidiano romano e, rispondendo all’editoriale di Eugenio Scalfari di domenica, spiega perché la riforma del Senato non minaccia la democrazia. Certo, si possono apportare al testo “modifiche e puntualizzazioni” ma a patto che “non risultino dirompenti rispetto all’impianto già definito dalla riforma”. In parole povere il Senato, al contrario di ciò che chiedono i cosiddetti dissidenti dem, non deve rimanere elettivo.

La questione essenziale è che non si lasci in piedi attraverso l’elezione a scrutinio universale anche del Senato della Repubblica, la compresenza di due istituzioni rappresentative della generalità dei cittadini, sottraendo al Senato solo (e a quel punto insostenibilmente!) il potere di dare la fiducia al Governo. L’essenziale è dar vita a un nuovo Senato che arricchisca la democrazia repubblicana dando ad esso la natura di una istituzione finora assente che rappresenti le istituzioni territoriali. Altrimenti di fatto il superamento del bicameralismo paritario non ci sarebbe”.

Lasciato il Colle, quindi, e tornato nella sua casa di vicolo dei Serpenti, Napolitano mantiene il proprio profilo interventista, un po’ come se Joseph Ratzinger – emerito anch’egli, ma Papa – intervenisse sulle questioni che spetta affrontare a Papa Francesco.

MATTARELLA-RENZI 3Atteggiamento diametralmente opposto a quello scelto dal successore Mattarella, che fin dal primo discorso in Parlamento, il 3 febbraio, ha ritagliato per sé il ruolo di “arbitro” che “deve essere e sarà imparziale. E proprio sui rapporti con il nuovo, il vecchio capo dello Stato vuole rimarcare la propria lealtà: “Sono certo che non mi troverò, per nessun aspetto, in una posizione imbarazzante rispetto a qualsiasi parere possa esprimere il Presidente Mattarella, in quanto in ogni caso mi rimetterò con pieno rispetto all’autonomo esercizio del suo insindacabile mandato”. Come se in democrazia fosse possibile il contrario.

Un’abitudine a intervenire nel dibattito, quella dell’ex esponente riformista e poi migliorista del Pc, che pare non sia gradita all’attuale inquilino del Colle.

A suscitare particolare sorpresa e perpessità nelle stanze del Quirinale sarebbe stato l’intervento del 6 agosto. La prima riflessione suscitata negli ambienti del Quirinale riguarda innanzitutto la forma. L’intervento è, infatti, firmato da Napolitano non come senatore a vita ma da “presidente emerito della Repubblica”. La differenza è evidente. Soprattutto dopo che la scorsa settimana Mattarella, anche sulle riforme istituzionali, ha sentito l’esigenza di precisare: “Io ho le mie opinioni, ma ho il dovere di accantonarle”.

Come si evince il lupo perde il pelo ma non il vizio. Napolitano continua a imporre i suoi diktat nella forma e nella sostanza. E noi di fuori ci domandiamo se siamo ancora in democrazia o se già non siamo in una fintocrazia presidenziale, dove tutto quello che succede fa parte di una finzione scenica, e quello che appare non è reale e la realtà ci viene nascosta.

 

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