Usa 2016: Trump è il nuovo presidente.

Il populista Donald Trump asfalta la Clinton e trionfa alle elezioni presidenziali americane e da gennaio sarà il 45 esimo presidente degli Stati Uniti.

trump-family-3-pngIl risultato del voto non lascia molti margini di dubbio: il tycoon ha conservato le roccaforti repubblicane, ha vinto il confronto negli swing state – in particolare in Ohio e Florida – ed è persino riuscito a fare propri alcuni Stati che sulla carta erano già conteggiati in quota ai democratici.

Il quadro è impietoso per Hillary Clinton e il fronte liberal: dopo otto anni di presidenza Obama, il nuovo inquilino di 1600 Pennsylvania Avenue tornerà ad essere un membro del Great Old Party, per quanto fuori dagli schemi e arrivato al successo malgrado l’ostracismo di una parte del suo stesso partito.

Clinton non ha commentato a caldo la sconfitta. Ha lasciato il compito al capo della sua campagna elettorale, John Podesta, che ha provato a rassicurare i supporter spiegando che «il voto è ancora aperto», che i risultati sono ancora «too close to call», troppo incerti per poter attribuire loro un valore.

Ma un quarto d’ora più tardi La Clinton ha telefonato a Trump e gli ha riconosciuto la vittoria, ricevendone in cambio una citazione all’inizio del discorso del trionfo: «Ringrazio Clinton per quello che ha fatto per il Paese, e lo dico veramente. Ora superiamo le divisioni».

Un risultato pesante come un macigno che ha travolto tutto l’establishment democratico: i repubblicani non solo hanno vinto la corsa alla presidenza, hanno anche conservato la maggioranza sia al Senato sia alla Camera dei rappresentanti e si ritrovano dunque di fronte alla prospettiva di almeno un paio d’anni di potere istituzionale assoluto.

Trump ha conquistato 290 grandi elettori, venti in più rispetto a quelli necessari per garantirsi la maggioranza e di conseguenza l’elezione formale a presidente degli Stati Uniti nella riunione del collegio elettorale del prossimo dicembre.

La Clinton si è fermata a 218. Trump ha chiuso in volata, incamerando i seggi elettorali di Stati come l’Alaska e l’Arizona, in cui i repubblicani sono da sempre prevalenti; e di altri, come il Wisconsin, il Michigan e la Pennsylvania, che sulla carta erano dei democratici ma che stavolta sono passati con «The Donald».

Anche il voto popolare, vale a dire il consenso complessivo raccolto su scala nazionale al di là del meccanismo di assegnazione dei grandi elettori su base maggioritaria e territoriale, conferma lo stato di grazia di «The Donald»: l’alfiere dei conservatori ha messo insieme il 47,9% delle preferenze, contro il 47,3% della sua rivale.

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