Morsi non è più presidente dell’Egitto.

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Egitto ai militari, Morsi agli arresti. Mansour presidente ad interim

Morsi non è più presidente dell’Egitto. La Costituzione egiziana è sospesa per un breve periodo di transizione. Il nuovo presidente ad interim è il presidente della Corte costituzionale egiziana, il giudice Adly Mansour, che ha giurato dopo essere stato designato dai militari a succedere al deposto capo di Stato Mohamed Morsi. La Corte definirà una nuova legge elettorale per elezioni anticipate, presidenziali e parlamentari. Scaduto l’ultimatum dell’esercito a Mohamed Morsi, il presidente egiziano è rimasto isolato e i blindati sono tornati nelle strade del Cairo. I militari egiziani hanno comunicato ufficialmente a Mohamed Morsi che dalle 19 di ieri non è più presidente e capo dello Stato.

Sisi, d’accordo con l’opposizione e i leader religiosi, ha annunciato la road map che prevede un breve periodo di transizione seguito da elezioni presidenziali e legislative. Sisi ha esordito ricordando che per mesi le forze armate hanno esortato Morsi ad un dialogo di riconciliazione nazionale ma lui ha fallito. Scaduto l’ultimatum, il presidente aveva proposto un governo di coalizione. Ma un suo consigliere ha riferito che si trova nella caserma della Guardia Repubblicana e non è chiaro al momento se possa lasciare liberamente il complesso militare, apparentemente confermando  che Morsi si troverebbe agli arresti. Secondo testimoni, l’esercito egiziano ha eretto barriere protettive e ha steso filo spinato intorno alla caserma.

Certo, è difficile esultare per un golpe. Soprattutto se militare. Ma quanto è accaduto in Egitto con la destituzione del presidente Morsi era l’unica soluzione possibile. I Fratelli Musulmani avevano ormai l’appoggio soltanto del 15% della popolazione e le folle oceaniche in piazza Tahrir al Cairo e in altre città del Paese dimostrano che nonostante la vittoria del partito di Morsi alle elezioni le successive mosse del governo islamista avevano allontanato il popolo dal potere.

L’Egitto, con una fortissima minoranza cristiana, è sempre stato laico e non poteva e non voleva accettare di diventare una seconda repubblica iraniana. E quindi l’intervento dei militari è servito ad assecondare un processo democratico e popolare volto a fermare una deriva pericolosa per l’intera area mediorientale (Israele in testa). Evitando una guerra civile e un bagno di sangue, l’esercito ha sospeso la democrazia per accompagnare la fragile società egiziana verso una transizione meno traumatica di quella portata avanti con Morsi. Nessuno rimpiange Mubarak, certamente, ma ciò che è chiaro è che non si possono prendere i sistemi democratici occidentali e trapiantarli nei paesi arabi. Vanno trovati correttivi, come è accaduto nella Russia post-sovietica, altrimenti la primavera si trasforma in inverno. E nessuno vuole scegliere tra le dittature decennali e tiranniche e il fondamentalismo islamico.

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