Liberazione 2015 , cosa rimane della Resistenza? (4)

Rigoni Stern e la parola «compagno» rottamata

Anche il linguaggio è cambiato. Basta ricordare quello che Mario Rigoni Stern scriveva nel 2007 ai partigiani dell’Anpi.
«Cari compagni, sì, compagni, perché è un nome bello e antico, che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino «cum panis», che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’ esistenza, con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze. È molto più bello compagni che camerati, come si nominano coloro che frequentano lo stesso luogo per dormire, o anche di commilitoni, che sono i compagni d’arme. Ecco, noi della Resistenza siamo compagni, perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche insieme vissuto il pane della libertà, che è il più difficile da conquistare e mantenere».

Quisquiglie si dirà, se confrontate al rispetto della Costituzione. Tant’è.
Strano che nel 2011, il compagno Nichi Vendola Vendola disse: «Nel Pci mi dicevano che non si doveva dire ‘amico’, che bisognava dire ‘compagno’. Ho passato tutta la vita a ripetermi questa frase. Ma ora ho capito che era una stronzata, perché è stato un alibi per molti crimini. Io preferisco stare con molti amici, che mi aiutano a crescere».
MATTARELLA-RENZI 3

VINCE IL POLITICAMENTE CORRETTO. E così il politicamente corretto venne sdoganato. Pure le gloriose Feste dell’Unità furono semanticamente rottamate, salvo poi essere salvate da Matteo Renzi.
Perché brand che funziona non si molla. Eppure dagli invitati alle kermesse del nuovo corso sono stati eliminati gli esponenti della Ditta.
E così alle Festa bolognese che celebra i 70 anni della Liberazione non ci saranno né Pier Luigi Bersani né Gianni Cuperlo. Troppo compagni, evidentemente. O troppo poco amici.

Pavese: «Soltanto per i morti la guerra è finita davvero»

E dal momento che la Resistenza e la Liberazione continuano a dividere il Paese invece che unirlo, le parole più azzeccate per concludere questa carrellata forse sono quelle amare di Cesare Pavese ne La casa in collina.
«Ora che ho visto cos’è la guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: ‘E dei caduti che facciamo? Perché sono morti?’ Io non saprei cosa rispondere. Non adesso almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero».

Noi resistenti del XXI secolo ci ritroviamo a combattere le stesse battaglie del 1945. I valori usciti dalla Resistenza sono stati traditi e un esercito di abusivi in Parlamento si prepara a rottamare definitivamente la democrazia e la libertà in Italia … i compagni sono stati messi in soffitta e gli amici Renzi & C., nipoti dei non resistenti, si preparano con sistemi ricattatori ad inaugurare una nuova stagione di monocrazia, senza opposizione e senza confronto.

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