La lunga agonia italiana

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Che l’Italia fosse un paese malato lo sappiamo tutti. Che il malessere italiano non era una semplice influenza ma un cancro maligno non ne vogliamo prendere atto. E così, malgrado la prognosi riservata, ancora insistiamo in cure palliative e speriamo che un miracolo intervenga a salvare un malato terminale entrato in cachessia. Adesso addirittura si pensa di ibernarlo per chissà quanto tempo nella speranza che la ricerca scientifica scopra un ritrovato che possa salvarlo. Cose da fantascienza? no è quello di cui si discute in questi giorni nell’affannosa ricerca di una soluzione alla decadenza da Senatore del nostro eroico cavaliere. Berlusconi è disposto a dimettersi sua sponte prima che la giunta per le elezioni si pronunci, solo a condizione che il governo di larghe intese venga congelato per 5 anni, in modo che al suo ritorno lo trovi fresco e non contaminato da altri leader.

Mi dimetto da senatore. Ma Letta duri cinque anni.berlusconi-condanna-cassazione--6-

Dopo la sospensione della Giunta, ottenuta a fatica martedì sera, Berlusconi può tirare un sospiro di sollievo. Secondo Renato Brunetta l’allentamento della tensione sul collo del Cavaliere è dovuto ad un intervento di Napolitano che avrebbe ammorbidito la linea del Pd. Ma secondo le voci che si rincorrono in Transatlantico i democratici avrebbero semplicemente deciso di traccheggiare in attesa della sentenza del tribunale di Milano.

Quello che spaventa di più Berlusconi infatti, è la sentenza del 19 ottobre con la quale la Corte di Appello deciderà la consistenza della pena accessoria, cioè l’interdizione dai pubblici uffici. La mannaia che ‘senza se e senza ma’ decreterebbe l’uscita del Cavaliere da Palazzo Madama. Berlusconi oscilla tra due stati d’animo: una rabbia furibonda contro la sinistra e la convinzione che non tutto sia ancora finito, che ci siano dei margini di manovra. E così nella sua mente si sta delineando un piano B, che ha rivelato ai suoi fedelissimi.

L’idea è quella di mettere il Pd con le spalle al muro. Come? Facendo un passo indietro e dimettendosi dalla carica di senatore. Secondo il Cav e i suoi consiglieri infatti, la mossa vincente è quella di anticipare il voto dell’Aula e il tribunale di Milano. Dimettendosi Berlusconi darebbe prova all’opinione pubblica di una grande ‘senso di responsabilità’. E in un discorso alla nazione (in questi giorni ne sta scrivendo diversi)  annuncerebbe il suo ritiro. Ma ad una condizione: che il governo Letta faccia le riforme e duri cinque anni, fino al termine naturale della legislatura. Una condizione che il Pd non potrebbe non accettare e che legherebbe il partito di Epifani al Popolo della Libertà fino al 2018. Un lasso ti tempo sufficiente perché Berlusconi torni eleggibile.

Il Quirinale vede di buon occhio questa soluzione. Primo, perché non mette in discussione la validità della sentenza di terzo grado e mette al riparo la magistratura da nuovi attacchi. Secondo, perché preserverebbe il governo e la linea di stabilità tanto cara al Colle. Ancora più cara visto che fra poco inizierà il semestre di presidenza europea e i primi segni di ripresa svanirebbero nel nulla se si aprisse una nuova crisi di governo.

Ma la tattica del Cavaliere fa gola anche a chi, nel Pd, vuole allontanare le elezioni. Se si andasse alle urne in primavera infatti Renzi farebbe man bassa, essendo l’unico leader credibile all’interno del Partito Democratico. Allontanando il voto invece D’Alema e Bersani avrebbero il tempo di cercare un volto nuovo da contrapporre al sindaco-rottamatore.”

Solo di questo si discute in questi giorni nei palazzi del potere, nel frattempo King George si nomina il pensionato d’oro Giuliano Amato a membro della Corte costituzionale e così la Casta degli Immortali si prepara a celebrare la fine dell’Italia. La nuova Monarchia presidenziale sta completando la sua opera di restaurazione, dimenticando che senza sudditi non c’è nazione, non c’è Stato. La sovranità apparteneva al popolo, ma il popolo non c’è più e quando se ne accorgeranno non ci sarà più niente da fare. Questa lunga agonia a cui stanno sottoponendo il popolo non sarà foriera di futuro per la Nazione. Gli egoismi individuali hanno già portato al caos e ci avviamo verso la Catastrofe finale, Un Paese che non cresce, che non produce, che non crea lavoro non ha futuro. Arrestare questo declino ormai è diventata una impresa impossibile, ma niente paura quello che sta crollando è il Sistema Fintocratico e basta tenersi lontano da loro per evitare gli effetti di questo crollo; a Noi poveri Mortali non resterà che ricominciare daccapo, dal poco o nulla che hanno lasciato.

La Catastrofe Sociale è già tra di noi ed è più grave di quella economica (finta e artificiosa).

Noi poveri mortali stiamo già lavorando per il dopo Catastrofe. gli altri si preparino a morire. Prolungare l’agonia non servirà a salvarli dalla loro sorte già segnata.

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