Cyberspionaggio: “Non abbiamo rubato”

Oggi a Regina Coeli sono iniziati gli interrogatori di garanzia dei fratelli Occhionero, arrestati con l’accusa di cyberspionaggio. 

Gli arrestati si difendono:  “Non abbiamo mai rubato dati né svolto attività di cyberspionaggio”.

Si sono difesi così Giulio e Maria Francesca Occhionero nel corso dell’interrogatorio di garanzia a Regina Coeli. “Gli indirizzi mail sono pubblici e alla portata di tutti e non c’è alcuna prova di sottrazione di dati da parte nostra”, hanno detto i fratelli arrestati con l’accusa di cyberspionaggio nei confronti di Renzi, del presidente della Bce Mario Draghi e di altri politici, figure istituzionali e imprenditori italiani.

La polizia postale ha arrestato due fratelli accusati di aver spiato le email di politici, figure istituzionali e imprenditori italiani.

Entrambi sono accusati di procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato, accesso abusivo aggravato a sistema informatico e intercettazione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche.

Tra i nomi delle vittime che compaiono nell’ordinanza, anche quelli dell’ex premier Mario Monti, dell’ex dg di Bankitalia ed ex ministro Fabrizio Saccomanni, degli ex ministri Piero Fassino e Ignazio La Russa, del cardinale Gianfranco Ravasi.

Sulla vicenda è intervenuto anche  il Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro. “Questo caso – ha detto ai microfoni di Rai Radio1 – mette in evidenza dimensioni gigantesche clamorose di controllo e di spionaggio da parte di soggetti al momento conosciuti parzialmente di personalità della vita pubblica per finalità che al momento possiamo solo immaginare. Questo caso dimostra come quanto sia in ritardo il sistema di sicurezza cibernetica nel nostro Paese”.

Intanto il capo della polizia, Franco Gabrielli, ha deciso di cambiare il direttore della polizia postale Roberto Di Legami, che ha condotto le indagini.

La decisione sarebbe stata assunta ieri da Gabrielli perché il dirigente non avrebbe avvertito dell’indagine in corso (avviata nel marzo 2016) né lui né Matteo Renzi, premier in carica fino all’inizio di dicembre e tra le principali vittime del cyberspionaggio.

 

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