Caso Geithner, il Colle:”Non sapevamo di pressioni”

napolitano giorgio

Nota del Quirinale sul complotto per fare dimettere Silvio Berlusconi da premier nel 2011: “Napolitano non ne era a conoscenza”. L’ex premier: “Se attacco giudici o Napolitano finisco a San Vittore”

Il Quirinale stronca le ipotesi di complotto all’origine delle dimissioni di Silvio Berlusconi da premier. O, quanto meno, esclude che le autorità italiane ne sapessero qualcosa. Giorgio Napolitano “non era a conoscenza di pressioni” da parte di funzionari europei per far cadere il governo guidato dell’allora leader Pdl, nell’autunno 2011. Lo afferma una nota del Colle.

Berlusconi lasciò la poltrona “liberamente e responsabilmente“, prosegue il comunicato, ricordando le circostanze che portarono alla nascita del governo Monti. Le dimissioni rassegnate il 12 novembre 2011 e già preannunciate l’8, “non vennero motivate se non in riferimento, in entrambe le circostanze,  a eventi politico-parlamentari italiani“.

Vicende sulle quali il presidente della Repubblica “dopo averne già dato conto via via nel corso degli sviluppi della crisi, fornì un’ampia ed esaustiva ricostruzione e valutazione nel discorso tenuto il 20 dicembre 2011 in occasione della Cerimonia di scambio degli auguri con i rappresentanti delle istituzioni e delle forze politiche in Quirinale”. “In quel discorso, così come nel messaggio televisivo del 31 dicembre, possono ritrovarsi – aggiunge il Colle – tutte lemotivazioni relative a fatti politici interni e a problemi di fondo del paese come quelli della crisi finanziaria ed economica che l’Italia stava attraversando nel contesto europeo”.

In giornata si era fatto sentire lo stesso ex Cavaliere, adirato per il “silenzio” delle alte cariche dello Stato sulla vicenda, rivelata dall’ex segretario al Tesoro statunitense Timothy Geithner. Mercoledì sera Berlusconi è tornato sul caso: “Siamo furiosi ed esasperati”, lo sfogo dell’ex premier durante una manifestazione elettorale a Roma. “Da vent’anni combattiamo per la libertà dell’Italia, e invece abbiamo sopportato quattro colpi di Stato”. Il leader di Forza Italia poi si lamenta delle condizioni per il suo affidamento in prova ai servizi sociali, per scontare la condanna del processo Mediaset: non diffamare i giudici: “Devo ricordarmi di non attaccare la magistratura né il capo dello Stato. Altrmenti, finisco ai domiciliari o a San Vittore. Non è un bel vivere”.

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